È Ingegnera e Innovation Manager con delega al Trasferimento Tecnologico & Relazioni Esterne per il Centro di Competenza nazionale I4.0 ad Alta Specializzazione del MIMIT ARTES 4.0 - Competence Center on Advanced Robotics and enabling digital TEchnologies.
Impegnata da oltre venti anni in attività di Trasferimento Tecnologico, Business Development, Sviluppo Territoriale, Project managing, Dissemination and Exploitation a Pisa per la Scuola Superiore Sant'Anna, di cui oggi sono Professional Affiliate, da maggio 2023 è impegnata da dirigente presso ARTES 4.0.
Il futuro vedrà sempre più persone e intelligenza artificiale lavorare assieme: come potrà questo connubio aumentare la produttività, la sicurezza e la qualità del lavoro evitando il rischio che il lavoro umano venga sostituito dall’automazione?
Il nostro modo di lavorare attraverso le varie rivoluzioni industriali è profondamente cambiato ed ancora lo farà ma con la differenza che, mentre nelle prime rivoluzioni era proprio la macchina la vera protagonista, adesso si torna a un ruolo di centralità della persona umana che è sempre più riconosciuto e sul quale si orientano anche le politiche della Commissione Europea. La tecnologia pervade già ogni ambito applicativo, dalla medicina all’agricoltura, e la collaborazione uomo-macchina è diventata imprescindibile dagli ambienti di lavoro. L’intelligenza artificiale può apportare il valore aggiunto a questo connubio enfatizzandone e concretizzandone significativamente tutte le potenzialità in termini di produttività, sicurezza e qualità del lavoro. Non a caso oggi si parla anche di “intelligenza delle macchine”, che non sono più hardware e basta, ma derivano dall’integrazione di sistemi fisici con sistemi digitali controllati in ambienti complessi di interazione uomo/donna-robot in grado di garantire sicurezza e correlare dati quanto più eterogenei per ottimizzare, moltiplicare, realizzare task articolati in spazi complessi reali-digitali le cui applicazioni possono riguardare tantissimi settori economici, sociali e culturali.
A mio parere il lavoro cambia, ma non viene sostituito né perso, e al contrario può persino diventare più gratificante, produttivo e di qualità se a questo mutamento si accompagnano un vero cambio di passo culturale e una profonda trasformazione dei paradigmi esistenti, supportati da nuove competenze opportunamente formate o riqualificate e da nuove logiche educative sin dal mondo della scuola e poi in quello universitario.
L’Intelligenza Artificiale è stata nominata Parola dell'Anno 2023 dal Collins Dictionary, un autorevole dizionario inglese che ha scelto questo termine, ormai diventato mainstream, per le applicazioni pervasive in ogni ambito della società, i cui effetti dirompenti sono però a volte discutibili o in molti casi preoccupanti. E in questo caso parlo ad esempio di pregiudizio negli algoritmi, che si aggiunge ai possibili effetti imprevisti di cui, insieme a normativa e regolamentazioni, anche la ricerca sta cercando di studiare aspetti cognitivi che in qualche modo possano governare le infinite possibilità che l’Intelligenza Artificiale potrebbe generare, non sempre assolutamente d’ausilio a uno sviluppo inclusivo e sostenibile della nostra società. Anche l’Intelligenza Artificiale è frutto originario del pensiero umano, per quanto le infinite capacità connettive di dati e sistemi lo travalichino, e le disuguaglianze ancora presenti in termini di genere possono venire trascinate in qualunque processo generato nel mondo digitale e, di conseguenza, possono ledere la produttività e la creatività nei processi aziendali e limitare la promozione di ambienti lavorativi più aperti allo sviluppo di innovazioni. I temi cosiddetti DE&I, Diversity, Equity and Inclusion, sono ormai unanimemente riconosciuti quali strumenti di sviluppo di innovazione e un fondamentale concetto alla base delle pratiche aziendali moderne, al punto che oggi costituiscono anche parametri per l’ottenimento di specifiche agevolazioni, nel caso delle imprese, o condizione necessaria per accedere a finanziamenti di ricerca, nel caso di Università e Centri di Ricerca.
Per cambiare radicalmente il nostro modo di pensare al lavoro e valorizzare le opportunità che la tecnologia ci offre abbiamo dunque bisogno di tre fattori: normativa, formazione e cultura, che possono dare accesso al design di soluzioni libere da bias impliciti, inclusive ed incorporabili nei sistemi di Intelligenza Artificiale, migliorando il clima organizzativo, l'ambiente di lavoro, la produttività e l'innovazione, e favorendo un senso di appartenenza e accettazione per tutti i dipendenti anche attraverso quello di equità e giustizia sociale che faccia leva sulla diversità come valore per creare luoghi accoglienti e progressisti in cui lavorare.
L’educazione aiuterà le bambine nella battaglia volta al contrasto al divario di genere. L’insegnamento dei linguaggi di programmazione, le storie di mentorship, l’utilizzo di mezzi informatici: quanto l’informazione contribuirà all’abbattimento della disuguaglianza di genere?
L’informazione intesa nella sua accezione di educazione e sensibilizzazione ha assolutamente un ruolo enorme nell’abbattimento dei divari di genere e nel contrasto a stereotipi e discriminazioni, migliorando il cosiddetto empowerment, ovvero l’autoconsapevolezza delle proprie potenzialità e l’autoefficacia grazie all’acquisizione di nuova conoscenza, stimolando la cultura del rispetto e dell’equità in ogni sua forma, l’accesso paritario ad ogni diritto umano, le pari opportunità in qualunque campo, anche in quello che riguarda la scelta degli studi, che dev’essere scevra da condizionamenti sull’abbinamento genere/disciplina e incoraggiare sempre di più la partecipazione di bambine e ragazze alle materie STEM.
Anche se è un argomento molto dibattuto, io credo moltissimo nell’uso del linguaggio di genere, che, declinando la lingua, direttamente crea meccanismi cognitivi indotti che liberano i ruoli da secolari appannaggi di genere aprendo la mente a nuovi paradigmi e promuovendo il cambiamento sociale. Credo che declinare correttamente la nostra lingua secondo le regole della grammatica italiana, così come anche indicate dall’Accademia della Crusca, un autorevole organo di riferimento per l’uso della nostra lingua – e si tratta di correttezza tanto linguistica quanto costituzionale-, sia importante perché quando un linguaggio diventa di uso comune può superare abitudini anacronistiche e adeguarsi ai cambiamenti della società, che per essere evoluta deve essere inclusiva, anche nel modo in cui parla. Credo fermamente che questa sia ormai una necessità.
Il Centro di Competenza ARTES 4.0, per il quale rivesto il ruolo di Responsabile del Trasferimento Tecnologico e delle Relazioni Esterne, ha a cuore questi temi e con la costituzione di ARTES4WOMEN, che valorizza la caratteristica di aggregato di enti e imprese per operare anche come interlocutore privilegiato per il monitoraggio di questi aspetti, incentiva la presenza femminile nel mondo dell’imprenditoria e della tecnologia, e la formazione di risorse qualificate che attraverso una maggiore partecipazione delle donne possa contribuire alla crescita del lavoro in Italia, sviluppando e monitorando il potenziale, la presenza, il ruolo e le competenze femminili nel nostro network anche per fornire dati e raccomandazioni a livello nazionale.
Fare innovazione tecnologica significa sì stimolare le condizioni dello sviluppo utilizzando le nuove tecnologie, ma anche erogare nuovi beni e servizi volti al miglioramento della vita delle persone, ridisegnare, in una logica di apertura al cambiamento, i modelli che governano il business e l’organizzazione delle imprese e del lavoro, a cominciare dalla partecipazione femminile ai ruoli di leadership e dal rafforzamento del loro empowerment in generale, e abbattendo pregiudizi e diseguaglianze per accelerare un processo che continua a essere troppo lento, e senza il quale non si può veramente parlare, più che di sviluppo, di progresso.
Dopo quasi venticinque anni fuori dalla sua isola, è riuscita a costruire in Sicilia i presupposti per la creazione di un centro di competenza sulla robotica dedicato alle imprese del Sud, in collaborazione con le Istituzioni, le università e i centri di ricerca. Una terra complicata ma forse una delle prime in cui sta cambiando l’ottica del posto fisso come migliore approdo possibile: quali complessità sta maggiormente affrontando nel costruire un aggregatore che metta insieme sinergie e tecnologie?
Il mio sogno è che Palermo, in particolare, dove abbiamo al momento una sede presso il CNR e alcuni desk strategici diffusi sul territorio, possa diventare una vera Smart City al centro del Mediterraneo: aree urbane sviluppate, progettate in modo da creare sviluppo economico sostenibile, gestione sapiente delle risorse naturali e alta qualità della vita attraverso l'impegno e l'azione partecipativa, l’impiego della tecnologia integrata e l’ottimizzazione delle risorse per generare nuovi posti di lavoro per i e le giovani, contrastando i fenomeni dei flussi migratori dal Sud. Persona umana, natura e ambiente, arte e ingegneria sono aspetti ai quali la tecnologia presta molta attenzione divenendo strumento di opportunità, e ARTES 4.0 lavora per questo, andando a cercare le specificità di ogni territorio per valorizzare le vocazioni e le eccellenze, e creare meccanismi virtuosi a beneficio dell’intera comunità.
La nostra sede principale è in Toscana, culla del Rinascimento. La Firenze del Rinascimento era anch’essa una Smart City, popolata da dei ‘veri’ Smart Citizens. Nel 1500 passeggiavano per le strade di Firenze Leonardo, Michelangelo e Raffaello, e in generale le città-stato italiane erano una fucina di innovazione che offre lezioni importanti e attuali ancora oggi come lo erano 500 anni fa. Non dobbiamo inventare più nulla ma potremmo riproporre le condizioni per indurre quella apertura e quella creatività che generarono un’esplosione di idee e innovazioni che cambiarono il mondo adattandole alle realtà dei nostri territori.
ARTES 4.0 ha il payoff di “Science Driven Innovation”, l’innovazione guidata dalla scienza. I nostri fondatori sono università e centri di ricerca d’eccellenza italiani che educano “ingegneri rinascimentali” in grado di affrontare problemi complessi e le sfide della nostra società creando soluzioni innovative con il supporto di un partenariato che rende esaustiva l’offerta di competenze per rispondere alle esigenze di innovazione. In Sicilia stiamo cercando di adattare questo modello a una realtà che non ha nulla da invidiare a nessuno in quanto a competenze, creatività e risorse (naturali, culturali e in questo momento anche e soprattutto economiche), ma bisogna ancora fare i conti con una mentalità che è restia al cambiamento e si ostina a rimanere imbrigliata a meccanismi che ne hanno di fatto rallentato il progresso.
La trasformazione digitale può contribuire moltissimo ad accelerare i percorsi di innovazione velocizzando i servizi e sburocratizzando procedure e forma mentis farraginose, col supporto di una formazione adeguata e soprattutto di una educazione universitaria che spinga i e le giovani a esprimere tutto il loro potenziale per arricchire il tessuto produttivo e colmare i divari con il resto d’Italia: sono loro i veri driver dell’innovazione. E la Sicilia, al centro del Mediterraneo, crocevia di flussi culturali ed economici, può giocare un ruolo determinante nello sviluppo dell’intero Paese, combattendo l’inerzia storica attraverso una nuova cultura che ha alla sua base la conoscenza come fattore strutturale necessario a dispiegare il suo immenso potenziale.
Tag tematici: Rapporto uomo-macchina She SPS Italia
Condividi: