Il 19 settembre la cabina di regia su Industria 4.0 farà il punto sugli incentivi fiscali. Si deciderà in che misura rinnovarli o ampliarli.
Alcune idee concrete sono già in esame. Come un credito di imposta del 50%, fino a un massimo di 20 milioni, per spese in attività di formazione sostenute in misura incrementale rispetto al triennio precedente.
Il “bonus” fiscale nei piani del governo dovrebbe essere inquadrato all’interno degli accordi contrattuali di secondo livello. Per tradurlo in pratica, secondo le prime stime, servirebbero circa 350 milioni in un triennio, con investimenti da attivare nel 2018 ma con effetto pluriennale sulle finanze pubbliche che inizierebbe a essere computato nel 2019.
Si studia anche la proroga a tutto il 2018 del termine per effettuare gli ordini dei beni funzionali alla digitalizzazione delle imprese e agevolabili con l’iperammortamento al 250 per cento.
Boccia: "Vediamo la ripresa ma governo confermi misure crescita". L’estensione di un anno sarebbe il perno della seconda fase di Industria 4.0. Ma quanto costerebbe il rifinanziamento dell’intero piano?
Sulla base dell’impatto calcolato nella manovra dello scorso anno e considerando i nuovi interventi, ci si avvicinerebbe a 1,5 miliardi. Cifre e disponibilità delle risorse comunque, dice Calenda, sono ancora in discussione con il ministro dell’Economia Padoan.
Ad ogni modo si potranno limare il plafond e le modalità delle misure, ma appare sicuro che la manovra tornerà a battere sugli investimenti. "Solo con lavoro e investimenti - insiste Calenda - si produce prosperità, non certo tornando a parlare di mance elettorali o di scorciatoie come il reddito di cittadinanza".
La prospettiva è quella di un piano industriale di lungo periodo per l’Italia, che punti su manifattura, scienze della vita, turismo e cultura, e si avvalga del "ruolo importante dei corpi intermedi".
L’invito invece è quello di non abbassare la guardia contro la vulgata di una crisi che gli ultimi dati congiunturali avrebbero definitivamente archiviato. "In questi anni nessun Paese ha perso come noi un quarto della propria base manifatturiera. Non è certo mia intenzione - sottolinea il ministro dello Sviluppo economico - sminuire il lavoro del governo di cui faccio parte ma dobbiamo dire con chiarezza che l’inversione ci sarà solo quando avremo recuperato i 6 punti di Pil e i 300-400mila posti di lavoro che ancora ci separano dai livelli pre crisi".
Fonte: Sole 24 Ore; Sussidiario.net
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