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Intervista a Martina Albini, Coordinatrice dell'Area Advocacy Nazionale e del Centro Studi di WeWorld

27 dicembre 2023
Intervista a Martina Albini, Coordinatrice dell'Area Advocacy Nazionale e del Centro Studi di WeWorld

Martina Albini ha un solido background formativo in cooperazione e comunicazione internazionale. Nel 2020, dopo aver lavorato nell’editoria e nel sistema di tutela delle vittime di tratta, entra in WeWorld, organizzazione umanitaria italiana e indipendente attiva in 27 Paesi con interventi rivolti a donne, bambini e alle loro comunità. Oggi, è Coordinatrice dell’Area di Advocacy Nazionale e del Centro Studi di WeWorld, realizzando indagini e ricerche inedite sui diritti di donne e bambini in Italia e nel mondo, sui temi di violenza, empowerment ed educazione. Conduce, inoltre, progetti e attività di sensibilizzazione e advocacy sui temi relativi alla mission dell’organizzazione all’interno di reti nazionali e internazionali, con stakeholder politici e con la società civile.

Una delle vostre tematiche di interesse è l'inclusività delle donne nel mondo del lavoro, che ha come mission l'abbattimento del dream gap femminile, ovvero l'autolimitazione delle donne nel raggiungimento dei propri sogni, in particolare nello studio delle materie STEM. Quali sono gli strumenti che avete messo in atto per raggiungere questo obiettivo? Che cosa è emerso dai vostri studi?

In uno studio, abbiamo approfondito le cause della scarsa presenza femminile nelle STEM che originano anche dai condizionamenti subiti sin dall’infanzia, il cosiddetto dream gap (divario dei sogni), che spinge le bambine a sognare al ribasso, a non pensarsi in posizioni tradizionalmente occupate dagli uomini. Questo fenomeno può manifestarsi già a partire dai 5 anni e per questo svolgiamo un lavoro quotidiano di decostruzione degli stereotipi di genere in tutta Italia, nei nostri centri educativi e nelle scuole, attraverso laboratori e attività di sensibilizzazione. Insieme alle nuove generazioni vogliamo costruire un futuro improntato alla parità di genere.

Da una vostra ricerca emergono dati significativi per cui i sistemi di intelligenza artificiale, che utilizziamo sistematicamente nel quotidiano, sono ancora influenzati da stereotipi di genere. Come questa disciplina è risultata accondiscendente al pubblico maschile? Quali sono gli strumenti per sradicare una cultura così arcaica?

I bias del recruiter incidono significativamente sui processi di selezione, tanto da ridurre le possibilità che una donna, a parità di competenze, venga assunta rispetto a un uomo. Lo stesso accade anche quando a prendere le decisioni è un’intelligenza artificiale. Questo settore è largamente popolato da uomini che (inconsciamente o meno) nei processi di machine learning trasmettono all’IA l’idea di mondo stereotipata che hanno introiettato. L’IA, dunque, non è mai uno strumento neutro. In questo specifico caso, si sta diffondendo la blind recruitment (reclutamento al buio) che, in fase di selezione, prevede l’omissione di alcune informazioni relative a genere, età, etnia, ecc. affinché queste non si trasformino in un filtro di sbarramento.

Cosa consiglieresti alle donne che ancora oggi si auto limitano a causa delle barriere culturali e sociali esistenti nel nostro paese?

Darei un consiglio alle donne che questi limiti li hanno già in qualche modo superati. Recenti rilevazioni europee ci dicono che non abbiamo mai avuto così tante donne in posizioni di potere, ma è ancora insufficiente se bambine e ragazze, le donne di domani, non sono in grado di pensarsi “in grande”. Per generare un reale cambiamento, le donne che occupano posizioni di potere devono esercitare una responsabilità: far sì che le loro vittorie individuali diventino propulsive di vittorie collettive, promuovendo diritti, empowerment e benessere di altre donne. Quello che direi è: pensate alle donne di domani e a quanto potrebbe valere il vostro esempio per loro.

Tag tematici: Gender Gap She SPS Italia

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