Manager, Consulente di Direzione, Business Coach, Mamma di un ragazzo adolescente.
Dopo un percorso di studi prevalentemente umanistico, entrata in azienda, ha sempre operato in contesti “ad alto tasso di tecnologia”.
Per molti anni ha lavorato in un’azienda di Telecomunicazioni dove ha ricoperto diversi ruoli manageriali e professionali spaziando in numerosi ambiti e funzioni aziendali: da HR (Organizzazione e Sviluppo) al Marketing Strategico, al Business Development, allo sviluppo commerciale di partnership tecnologiche.
Dal 2017 collabora con una società leader del mercato delle soluzioni di Cybersecurity con un ruolo consulenziale di sviluppo commerciale e marketing.
In parallelo si dedica con interesse e passione allo studio della trasformazione dei modelli di leadership, dovuta ai forti cambiamenti che la pervasività delle nuove tecnologie e l’evoluzione del contesto sociale ed economico stanno provocando.
È attivamente impegnata in gruppi e associazioni che si occupano di valorizzazione del talento e della leadership al femminile, per contribuire a rimuovere gli stereotipi e realizzare un contesto di lavoro più equo, solidale e inclusivo.
Alla luce della sua esperienza lavorativa in settori tipicamente maschili, quali sono gli step necessari per creare un contesto professionale più equo e sviluppare un modello di networking basato sul merito, spirito costruttivo e valorizzazione delle potenzialità di ognuno?
Proprio a fronte delle criticità che ho riscontrato e ho vissuto, anche sulla mia pelle, nella mia lunga esperienza “sul campo”, ho deciso di dedicare molto tempo ed energie alla creazione delle condizioni più favorevoli per lo sviluppo di un ambiente di lavoro inclusivo, che offra pari opportunità alle donne come agli uomini.
Il mio impegno associativo (negli ultimi anni in Federmanager Minerva) è rivolto proprio a stimolare il cambiamento culturale e a sostenere le best practice individuali e organizzative.
In particolare, ritengo che sia necessario sviluppare la sensibilità delle persone che operano nelle imprese affinché le pari opportunità siano percepite non come un vincolo o un vuoto slogan, ma come una reale opportunità. E’ indispensabile coinvolgere e sensibilizzare i vertici, il management e gli stakeholder affinché sviluppino la consapevolezza dei benefici che l’approccio improntato alle pari opportunità può generare, non solo in termini di immagine, ma anche di ricadute sul business e di impatto sul mercato. Perché si affermi il principio che l’equità di genere non è solo un tema di “giustizia sociale” ma fa anche bene al business.
Da questo punto di vista provvedimenti e iniziative come la Certificazione di genere costituiscono una piattaforma di riferimento e un ottimo sostegno per le organizzazioni che intendano intraprendere e portare avanti con convinzione il percorso necessario per poter essere riconosciute come virtuose nel campo della gender equality.
Pur avendo una formazione prevalentemente umanistica, ha sempre lavorato in contesti tecnologici. Secondo lei i forti cambiamenti che stiamo vivendo quanto sono impattati dalle tecnologie? E in che modo influiscono sui modelli di leadership?
Negli ultimi anni abbiamo vissuto eventi che hanno rivoluzionato il nostro modo di vivere, pensare e lavorare: l’epidemia di Covid con il suo carico emotivo dovuto all’isolamento forzato e all’ansia per la salute nostra e dei nostri cari; e la guerra in Ucraina, che ci fa sentire tutti più vulnerabili ed esposti alle minacce di una guerra che fino a poco tempo fa avvertivamo come un pericolo lontano da noi nel tempo e nello spazio.
In entrambi i casi le tecnologie hanno giocato e giocano tuttora un ruolo imprescindibile: durante le fasi più acute dell’epidemia essere collegati alla rete internet ci ha consentito di continuare a lavorare, a incontrare seppur virtualmente le persone che ci sono care, ad acquistare da remoto ciò che ci serviva. Mentre il conflitto in Ucraina, oltre a fare ricorso a tecnologie all’avanguardia come droni, comunicazioni via satellite, etc., rappresenta la prima cyberwar su larga scala, con attacchi informatici di vasta portata condotti da entrambe le parti belligeranti. In questo contesto le modalità di lavoro e di relazione all’interno delle organizzazioni sono profondamente cambiate. Anche se alcune aziende oggi vorrebbero fare marcia indietro, lo smart working è ormai una realtà. Rinunciare al commuting obbligatorio, lavorare da remoto, utilizzare le tecnologie per lavorare e comunicare, comportano una modifica radicale dei processi organizzativi e del patto di fiducia tra datore di lavoro e collaboratore. Senza contare il fatto che la sensazione di vulnerabilità, insicurezza, smarrimento, sono diventati un elemento strutturale del nostro vissuto quotidiano, con cui dobbiamo convivere e che dobbiamo imparare a gestire.
In questo contesto la leadership autoritaria e machista che prevaleva fino a non molto tempo fa mostra tutti i suoi limiti, mentre si affermano modelli inclusivi, partecipativi, improntati alla gentilezza, all’empatia e al coinvolgimento, che sono più capaci di rafforzare lo spirito di squadra e di mobilitare le persone verso il raggiungimento di obiettivi comuni.
Da qualche anno si moltiplicano i progetti che hanno la finalità di incentivare la partecipazione delle ragazze nelle discipline STEM. La sua storia professionale invece ci mostra un percorso di consapevolezza diverso, che supera gli stereotipi radicati sulle presunte differenti attitudini di donne che scelgono materie umanistiche. Cosa suggerirebbe a quelle ragazze che, come lei, hanno seguito un percorso di studi apparentemente lontano dal mondo della tecnologia?
Ben vengano i progetti e le iniziativa finalizzati a stimolare la partecipazione delle ragazze alle discipline STEM! Sono la prima a sostenerli e promuoverli, perché so bene quanto le bambine e le ragazze siano sottoposte a un bias cognitivo che le può condizionare pesantemente, limitandone sogni e prospettive di sviluppo.
Proprio per questo però ritengo altrettanto doveroso sottolineare che un percorso di studi intrapreso in giovane età non può e non deve indirizzare rigidamente e condizionare l’intera vita professionale di un ragazzo o una ragazza.
Quello che mi sento di consigliare alle giovani e ai giovani che si affacciano nel mondo del lavoro è di mantenere un atteggiamento aperto, curioso, non stancarsi mai di apprendere. E non avere paura di mettersi n gioco in ambiti che potrebbero essere considerati meno confortevoli perché meno affini al proprio background conoscitivo. Quello che ho avuto modo di sperimentare è che dalla diversità di approccio e dall’incontro di diverse conoscenze ed esperienze nascono i migliori frutti.
Tag tematici: Interviste e Editoriali She SPS Italia
Condividi: