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Intervista a Stefania Mancini, Corporate Ambassador del Gruppo MAPS

15 aprile 2024
Intervista a Stefania Mancini, Corporate Ambassador del Gruppo MAPS

62 anni, moglie, mamma e nonna felice, cresciuta nel mondo delle tecnologie informatiche, ma con una laurea in lettere voluta un paio di anni fa. Le società co-fondate nel tempo sono state 3, tutte caratterizzate dall’obiettivo di realizzare soluzioni tecnologicamente innovative. Le prime due società sono state acquisite da gruppi multinazionali.
L’ultima di queste aziende è I-TEL srl Società Benefit, PMI Innovativa, specializzata in soluzioni di Sanità Digitale. Siamo entrati a far parte del Gruppo MAPS, dove ricopro il ruolo di Corporate Ambassador.
Oggi, cerco di unire due mondi apparentemente diversi: tecnologia e femminile, perché sono convinta che le donne possano dare un reale valore aggiunto nella realizzazione di soluzioni tecnologiche, in quanto il loro naturale “occuparsi” e “preoccuparsi” degli altri, le porta a sviluppare sistemi che siano veramente inclusivi, creativi e semplici da utilizzare anche per chi non è proprio preparato digitalmente.
E così arriva Inspiring Fifty, che mi inserisce tra le 50 donne di riferimento per la tecnologia in Italia e che mi ha fatto capire tanto sul mondo dell’associazionismo e sull’importanza di fare rete. Entro quindi a far parte di Inclusione Donna e Abbraccio del Mediterraneo, e poi, ancora, Donne Protagoniste in Sanità e Soroptimist Italia, ma anche Confindustria Romagna, PA Social, Club TI Milano e CDTI Roma.
Perché certe battaglie si vincono solo se siamo insieme e se c’è davvero un’idea condivisa sulle donne e sulle loro competenze.

Lei produce soluzioni software in campo soprattutto sanitario, come sta cambiando la cultura in questo comparto?

La tecnologia è oramai trasversale in ogni campo, ma in ambito sanitario acquisisce una posizione di particolare rilievo specialmente dai tempi della pandemia, dove l’assistenza e il supporto sono riusciti ad arrivare nelle case dei cittadini solo grazie ai sistemi informatici.

Per questo motivo, oggi, l’attenzione è massima sia da parte delle strutture sanitarie, sia da parte dei pazienti. Definizioni quali Patient Journey e Patient Experience hanno davvero l’obiettivo di voler mettere la persona “al centro”.

Nella mia esperienza potrei dire che sarebbe davvero sufficiente realizzare soluzioni che abbiano la finalità di migliorare la qualità di vita dei cittadini, anche perché si tratta di persone che si trovano in un reale momento di bisogno e diventa necessario facilitare al massimo l’interazione con la sanità.
Sono stati fatti passi avanti importanti (più in letteratura che in pratica) e televisita, telemonitoraggio e telemedicina, sono entrati oggi a far parte del lessico comune.

La persona è sempre più il focus di ogni processo di innovazione digitale ma in che modo la tecnologia può diventare realmente accessibile a tutti?

L’accessibilità è, ancora oggi, un grande problema da affrontare da due diverse angolazioni. La prima, confermata anche dall’indice DESI 2023, ci racconta che il nostro paese è sotto la media UE per la disponibilità di servizi pubblici digitali per i cittadini. L’altro punto di osservazione, invece, fa riferimento all’alfabetizzazione digitale, in quanto solo il 46% della popolazione italiana possiede quelle competenze che gli permettono di fruire dei servizi on-line messi a disposizione.

Per la realizzazione di soluzioni digitali a misura di cittadino avremmo anche il PNRR come grande alleato, sempre che non ci si perda tra ritardi e rimpalli. Anche una modalità più snella e più agevole nel procurement potrebbe aiutare notevolmente. Infine, sarebbe indispensabile un coinvolgimento più diretto delle PMI che sono il reale motore dell’innovazione e della trasformazione.

Per l’alfabetizzazione digitale, insieme a sistemi davvero semplici da utilizzare, la parola d’ordine è una sola: formazione.

La rivoluzione tecnologica che il mondo sta attraversando richiede persone istruite adeguatamente e specializzate. Purtroppo, però, la popolazione femminile si sta trovando in parte esclusa da questo cambiamento. Dal suo punto di vista, come si possono coinvolgere sempre più donne nel mondo tech?

Intanto va precisato che le donne laureate sono il 23,0%, contro il 17,2% degli uomini: è un vantaggio femminile addirittura più marcato rispetto alla UE. Purtroppo però, in ambito STEM, ci ritroviamo con un divario di genere molto importante: 36,8% uomini e solo 17,0% donne.

Il problema nasce lontano: fin delle scuole primarie si interiorizza il pregiudizio sulle capacità delle bambine per le materie tecnico-scientifiche che diventa poi convinzione personale nell’aver poca attitudine per le discipline STEM.

Anche qui non si può usare la bacchetta magica, ci vuole tempo e crescita culturale per cambiare lo stato delle cose. Tanta formazione a scuola per aumentare e diffondere la consapevolezza critica su questi stereotipi nelle figure dei docenti. Ma anche, il corretto utilizzo della lingua italiana, abituandoci a declinare al femminile parole come ingegnera, informatica, chirurga, per designare le donne che esercitano queste professioni e che, altrimenti, continuano a non esistere.

Tag tematici: Interviste e Editoriali She SPS Italia

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