Laureata nel 1994 in Scienze Agrarie presso l’Università di Pisa, con diploma della Scuola Superiore di Studi Universitari Sant’Anna di Pisa.
Lavora come imprenditrice agricola. Da più di vent’anni è impegnata in vari ruoli di rappresentanza nell’associazionismo agricolo in Confagricoltura.
Si occupa di divulgazione delle tematiche relative all’innovazione nel settore agricolo.
Membro del Consiglio dell’Associazione Luca Coscioni.
Membro della Società Italiana di Genetica Agraria.
Membro dell’Accademia dei Georgofili.
Membro del Comitato Scientifico dell’Accademia Nazionale di Agricoltura.
Presidente della Federazione Nazionale di prodotto proteoleaginose di Confagricoltura.
Vincitrice del Premio Agricoltura Mantovana.
Nominata Innovation Champion dal Farmers and Scientists Network.
Autrice del libro “Agricoltura: femminile singolare. Raccontare le donne che coltivano il futuro”, Maria Pacini Fazzi editore, Lucca.
Deborah, sei imprenditrice agricola di un’azienda a conduzione familiare da tre generazioni. Da più di vent'anni ricopri ruoli dirigenziali all'interno di Confagricoltura e sei divulgatrice scientifica sulle tematiche relative all'innovazione del settore agricolo e la sua accettazione sociale. Perché è importante comunicare ai consumatori come lavora l’agricoltura e quali sono le sfide di questo settore? Come trovi equilibrio tra attivismo e divulgazione?
Bisogna cercare soluzioni condivise a problemi che affliggono tutta la società. Pensiamo al cambiamento climatico, per esempio, che ha un forte impatto sui sistemi agricoli: come affrontarlo se non ci basiamo su dati scientifici, se non accettiamo innovazioni sicure utili a migliorare il rapporto fra agricoltura e ambiente? Qui sta l’equilibrio delicato fra attivismo e divulgazione scientifica ed è il motivo per cui ho cominciato a occuparmene: notavo che le persone hanno paura di quel che mangiano e del lavoro degli agricoltori, serviva raccontare come lavoriamo e quante regole dobbiamo rispettare. Se la società non accetta le innovazioni allora siamo destinati a dipendere sempre di più da cibo importato.
L’interconnessione e l’integrazione di sistemi 4.0 che fungono da Decision Support System sono in gran fermento. Dai sensori, al software di controllo digitale e satellitare, dall’agricoltura di precisione, fino all’intelligenza artificiale. Parlaci di casi applicativi che hanno colmato la necessità di digitalizzare i processi agricoli.
Uno degli ambiti che si stanno diffondendo di più è quello della raccolta di dati dal campo e del loro utilizzo per migliorare l’efficienza d’uso di fertilizzanti, sementi, acqua. Interessanti anche le piattaforme che combinano i dati agrometeorologici e le competenze di fitopatologi e entomologi. Così si può prevedere lo sviluppo eventuale di malattie e di insetti dannosi: si tratta solo se serve e quando serve, migliorando la coesistenza fra agricoltura e ambiente.
Macchinari e sistemi innovativi richiedono un’accurata interpretazione dei dati forniti, da qui la necessità di dialogare con competenze specializzate.
Qual è il limite di questo sistema? Com’è possibile risolvere il problema della carenza di competenze?
Per il momento i limiti di diffusione di queste tecnologie sono il costo e le competenze necessarie ad utilizzarle. In generale mancano lavoratori: è urgente pensare a vie organizzate per l’ingresso di lavoratori dall’estero. E serve molta formazione per assicurare che il trasferimento tecnologico sia efficace.
Le aziende agricole sono guidate spesso da donne, eppure c’è poca rappresentanza nel mondo associativo. Su quali leve credi sia necessario lavorare per scardinare questo trend?
È una questione culturale e il modo migliore per cambiare una cultura obsoleta e limitante è mostrare ai e alle giovani che ci possono essere donne in qualunque ruolo sociale e posizione lavorativa. Servono esempi e serve aumentare il numero di donne anche in posizioni di potere. Inoltre si devono chiamare le cose con il loro nome: la presidente, la direttrice, ecc., perché le parole formano pensiero e cultura. Infine servono misure sociali a sostegno delle famiglie: i figli non sono delle mamme, ma delle famiglie e sono un valore di cui tutta la società beneficia.
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