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Il ruolo dei Cluster per la ricerca e l’innovazione in Italia

14 ottobre 2016

Il Cluster Tecnologico Nazionale Fabbrica Intelligente (CFI)

CFI è uno dei dodici Cluster - aggregazioni di imprese, università, istituzioni di ricerca pubbliche e private e altri soggetti attivi nel campo dell’innovazione - formati tra il 2012 e il 2016 per presidiare i principali ambiti tecnologici e applicativi sui quali il Governo intende concentrare gli sforzi di politica industriale.

Per elaborare le direttrici tecnologiche intorno alle quali si snoderanno i diversi bandi di finanziamento dei progetti di ricerca il CFI ha istituito nel dicembre 2015 sette Gruppi Tematici Tecnico-Scientifici (GTTS) che si occupano di: sistemi per la produzione personalizzata; strategie, metodi e strumenti per la sostenibilità industriale; sistemi per la valorizzazione delle persone nelle fabbriche; sistemi di produzione ad alta efficienza; processi produttivi innovativi; sistemi di produzione evolutivi e adattativi; strategie e management per i sistemi produttivi di prossima generazione.

Obiettivo di questi gruppi è effettuare una mappatura delle aree tecnologiche di maggiore rilievo, elaborare le priorità di ricerca e successivamente identificare le tematiche da proporre al Ministero per l’elaborazione dei bandi. Ciascun Gruppo è costituito da uno steering commitee e da una serie di membri partecipanti.

A fine giugno l’attività di roadmapping si è conclusa con l’individuazione di due tematiche prioritarie per ciascuno dei gruppi di lavoro.

In occasione di un recente incontro organizzato da CFI è intervenuto Stefano Firpo, direttore generale per la politica industriale, la competitività e le Pmi del Ministero dello Sviluppo Economico, che ha rilevato come l’Italia, che può contare su alcune imprese leader nello sviluppo di tecnologie, sia però indietro sull’integrazione di sistema. Un ritardo che riguarda anche la capacità di abbracciare i nuovi modelli di business data-driven. Firpo ha poi detto che l’internazionalizzazione crea un solco “tra chi ce la fa e chi non ce la fa” e che la piccola-media impresa deve quindi aprirsi all’innovazione e internazionalizzarsi per recuperare il ritardo.