Laureata in Ingegneria Elettronica e delle Telecomunicazioni all'Università Alma Mater Studiorum di Bologna, ha lavorato come consulente Radio Access Network Engineer nella sezione mobile di Vodafone, per poi scegliere di dedicarsi all'automazione industriale. In Comecer a Ravenna ha ricoperto il ruolo di softwarista trasfertista mondo e team leader, prima di approdare in Festo, dove si è dedicata alla strategia di prodotto e alle attività di pre-sales e marketing; qui ha maturato una consistente esperienza sia a livello italiano sia a livello internazionale cooperando con l'HQ tedesco. L'Ing. Benedetta Aliai Torres da giugno 2021 è Marketing & Communication Manager di B&R Automazione Industriale dove coordina il team sempre con un’ottica di progresso e supporto al business.
Ci sono figure, o esperienze, che hanno ispirato il suo percorso professionale?
Se penso a una figura non ho un premio Nobel o un esempio particolare al quale ispirarmi, ma al contrario ho vissuto in una famiglia che si compone per lo più di avvocati e medici ed ero sicura di non voler proseguire in queste direzioni. L’idea di vivere in tribunale o in ospedale, anche idealmente, non mi dava la gioia di vivere di cui godo adesso tutte le mattine quando entro in ufficio. Sono grata perché sono stata cresciuta con il mantra della libertà e la mia famiglia è stata in grado di capire e farmi scegliere e decidere senza pressioni.
Come si è avvicinata al mondo delle innovazioni tecnologiche e dell’industria?
Penso tutto sia partito dall’interesse che ho sempre avuto per la tecnologia intesa come strumento per azzerare le distanze tra le persone e in generale migliorare la vita di tutti noi. Ho iniziato a chiedermi molto presto come fosse possibile avere a disposizione tanti packaging diversi dello stesso alimento e quanto i cellulari (ancora non si chiamavano neanche smartphone) aiutassero la comunicazione tra persone. Mi sono sempre interessata al ʻbehindʼ e questo penso sia stato il motivo principale che mi ha spinto a scegliere ingegneria elettronica e delle telecomunicazioni.
Come è visto e considerato il ruolo femminile nel suo settore?
Ora sono Marketing e Communication manager e in questo ruolo mi sento particolarmente a mio agio rispetto ai miei ruoli precedenti. Ho iniziato come Rete Access Network engineer nella sezione mobile di Vodafone dove la presenza femminile non era proprio nulla, ma ho cambiato presto perché mi mancava il legame con il prodotto e l’elettronica. Abbandonando un lavoro completamente sui servizi, sono entrata nel mondo dell’officina. Ho cercato di farlo in punta di piedi, anche perché ero l’unica donna software developer da un costruttore di macchina e presto ho capito che anche per i clienti (importanti case farmaceutiche) era abbastanza strano vedere in un ruolo del genere una quota rosa. Ho fatto tanta esperienza, fino a capire che la collaborazione con i colleghi era vincente in modo schiacciante perché ad ogni modo tutti mi coccolavano e con un po’ di testardaggine e competenza nel tempo sono riuscita a farmi anche rispettare. Poi, da Product manager, la situazione è stata pressoché la stessa, ma quando ho iniziato a lavorare molto di più a livello global mi sono accorta con molta tristezza di quanto alcuni Paesi siano più avanti di noi sul tema donne e tecnologia. Farsi ascoltare resta a volte un percorso a ostacoli e talora la sensazione di essere solo parte della musica di sottofondo resta forte e chiara, ma ho imparato a non abbattermi e non smetto di far capire agli altri che la diversità di genere non è interessante, ciò che conta sono le competenze, le attitudini e il valore aggiunto che ognuno di noi porta.
Cosa consiglia alle nuove generazioni che vorrebbero avvicinarsi al mondo dell’industria?
Con questa domanda mi vengono subito in mente due parole: libertà e informazione. Libertà di essere se stessi e scoprirsi e cambiare, senza averne paura. Ognuno di noi ha dei talenti, bisogna solo scoprirli e poi migliorarsi sempre. Informazione perché temo sia quella che manca nelle scuole per permettere agli studenti di fare le scelte in modo consapevole, senza lasciarsi guidare dai pregiudizi e dalle sensazioni errate di chi rappresenta le realtà in modo troppo semplicistico. Non ci sono lavori da uomo o da donna, ci sono lavori belli o brutti per se stessi e per capire cosa può essere bello per se stessi serve informazione e un pizzico di coraggio.
C’è un progetto a cui è particolarmente legata che desidera raccontare?
Ne ho tanti di progetti a cui ho preso parte che mi fanno sempre tornare il sorriso. Scelgo quello che mi ha permesso di capire che avevo molte più strade aperte davanti a me rispetto a quelle che vedevo prima di allora, e che forse mi ha portata fin dove sono oggi. Ho avuto la fortuna di seguire un progetto custom per la realizzazione di una macchina riempitrice in ambito pharma. Il progetto mi ha portata a lavorare anche da project manager per sopperire a una mancanza inaspettata e quindi a lavorare con una squadra di colleghi in sede e in trasferta per portare a casa il progetto. Ci siamo riusciti con molto successo e la mia azienda di allora mi comunicò che desiderava far nascere una linea di prodotto standard sulla base di quel progetto custom e che mi voleva coinvolgere nel team di R&D. Ho studiato il mercato, cercato un posizionamento corretto a livello pricing, seguito l’organizzazione del lancio del prodotto durante una fiera di settore molto importante e oltreoceano, curandone anche gli aspetti di marketing e promozione. Ho capito che potevo non essere solo un tecnico, ma che i miei studi e la mia curiosità mi stavano aprendo più strade e questo mi ha aiutata moltissimo a crescere con entusiasmo. È un’esperienza che cerco di avere sempre in mente perché è un grande stimolo nei momenti in cui il bicchiere sembra mezzo vuoto e serve solo guardarlo da un’altra prospettiva.
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