La sua carriera di 33 anni in Finanza si è sviluppata nelle primarie banche italiane, specializzandosi sui mercati internazionali e nell’approfondimento delle dinamiche geopolitiche globali nelle capogruppo di Gruppo Intesa, Unicredit e Credem. Già Membro della Consulta Esperti della VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati, è stata Chairman del Board of Education di ACI FX International, ora Honorary Member. E’ stata Direttore Responsabile delle Pubblicazioni e Membro del Consiglio Direttivo e di Presidenza di ASSIOM FOREX, Membro esterno della Commissione Pari Opportunità dell’Accademia dei Lincei e Board Member della Feduf e di AssoFintech.
Cos’è il Capitale Umano e in che modo le Life Skills ci aiutano ad affrontare la vita?
Il capitale umano intanto e’ apparentemente un ossimoro ovvero l’unione di due parole in contraddizione perché mettono a confronto una visione materialista legata alla quantificazione ed al valore economico dei beni alla costruzione di un percorso di vita che e’ personale, non predittivo e legato a doppio filo alla costruzione di un bagaglio di “competenze di vita” c, appunto le life skills, che invece e’ stabile e in crescita costante. Life skills, che poi sono più famose orami come soft skills, erano già ben presenti negli studi umanistici e scientifici trent’anni fa, tanto che nel 1993 per la prima volta il Dipartimento di Salute Mentale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) usò il termine life skills per indicare l’insieme di abilità sociali, cognitive e personali che consentono di affrontare positivamente le richieste e le sfide che ci riserva la vita quotidiana.E ci aiutano ad affrontare la Vita perché crescono con noi e si alimentano dei nostri successi ed insuccessi ma differentemente dalle hard skills son competenze alla portata di tutti e per tutti e quindi si possono imparare, e peraltro vengono anche insegnate diffusamente ormai.
Perché acquisire queste competenze può rappresentare un punto di svolta per la società?
Lo possiamo capire dagli esempi vincenti di apprendimento e didattica delle Life Skills che hanno migliorato il tessuto delle società dei Paesi nord europei ed anche dei Paesi anglosassoni per certi versi.
Partendo dalla Danimarca ove l'insegnamento dell'empatia è obbligatorio nelle scuole da oltre vent’anni.Tutti gli studenti dai 6 al 16 anni partecipano settimanalmente alla Klassens tid: l’ora di empatia, e questo è considerato uno dei fattori che contribuisce alla felicità del Paese, infatti e’ seconda dopo la Finlandia nel World Happiness Report. L'empatia aiuta a costruire relazioni, prevenire il bullismo e avere successo sul lavoro. Promuove la crescita di leader, imprenditori e manager. Non sarà un caso che la Danimarca sia ai primi posti per la qualità del lavoro, oltre che della vita, in tutta Europa.
Similarmente viene fatto un grande lavoro sulla capacità di comunicare, tanto pensieri quanto emozioni, stati d’animo, in maniera efficace, rispettosa e mai violenta nei Paesi Anglosassoni, con il public speaking che è materia di insegnamento curriculare, e in molte realtà inglesi ed americane si ricorre all’uso del teatro per sviluppare la versatilità e individuare strumenti per affrontare le diverse situazioni della vita. Insomma, si comincia dalla scuola che è -e può esserlo sempre più- un ambiente ideale per l’insegnamento delle life skills perché svolge un ruolo importante nei processi di socializzazione.
La digitalizzazione ha cambiato in modo repentino la vita delle persone ma ora è necessario fare un passo successivo. Come possiamo trasformare il paradigma culturale ed evolvere verso una società 5.0, umanocentrica e resiliente?
Son sempre stata molto interessata dalla politica giapponese e dalla capacità di evoluzione del modello sociale e culturale in Giappone, che ha avviato gli studi sulla misurazione delle politiche al femminile, con la womenomics , sin dalla fine degli anni ’80 per arrivare alla teorizzazione della società 5.0, con la Prof.ssa Yuko Harayama. Tornare li’ qualche mese fa per il W7/G7 parlando con i giovani mi ha permesso di comprendere meglio il portato del modello di società 5.0, che è a mio avviso prima di tutto un paradigma culturale. Se Impresa/Società 4.0 è sinonimo di quarta rivoluzione industriale, quella basata sull’Internet of Things e la comunicazione di dati in tempo reale, per una fabbrica ubiqua, fisica e virtuale nello stesso tempo, focalizzata sulle tecnologie abilitanti, quindi su efficienza e produttività.Con Società 5.0, occorre focalizzarsi sulle persone e sull’ambiente, sulla qualità della vita e la sostenibilità, certamente con il supporto delle tecnologie dell’industria 4.0, ma ripartendo da un mutato rapporto fra uomo e robot. Possiamo costruire una società che cerca di bilanciare lo sviluppo economico con la risoluzione dei problemi socio-ambientali, in cui le tecnologie vengono usate non solo per profitto, ma per migliorare la qualità della vita di ogni cittadino.La qualità della vita di ogni individuo, nel rispetto del suo genere, delle sue preferenze, di ogni tipo di “diversità”. Questo è un passaggio epocale, ma soprattutto urgente per la salvezza dell’unico ambiente sociale che abbiamo, il Pianeta Terra.
E’ noto il suo impegno nel gender gap legato all’educazione finanziaria: conoscere il denaro permette alle donne di prendere decisioni migliori in termini di carriera, autostima e scelte di vita. Quale percorso deve seguire la nostra società per cambiare gli standard educativi e alimentare l’inclusione sociale?
Perché una società possa essere veramente inclusiva deve essere umanocentrica, sostenibile e resiliente, ed ha bisogno di persone capaci sempre più di pensiero laterale, creatività, pensiero critico, pensiero anticipatorio, flessibilità cognitiva ed empatia. Persone aperte, inclusive, capaci di immaginare, intuire, sentire e non solo pensare. Persone cui emozioni trascinanti siano la curiosità, la gioia, la fiducia e non la paura o la rabbia.
Così le life skills si vanno ad affiancare alle altre skills imprescindibili per una prospettiva 5.0, quelle digitali e quelle economiche e finanziarie. Il punto che mi preme evidenziare è che fra life skills e competenze tecniche, come quelle digitali e economico finanziarie, non c’è, a mio avviso, una “lotta”. Dobbiamo uscire dal paradigma dicotomico: da un lato emozioni e sentimenti, “human touch”, dall’altro Intelligenza artificiale. Per fare sì che tutti noi possiamo essere capaci di questo, un’azione cruciale è la trasformazione profonda del sistema scolastico e del sistema imprenditoriale, nella concezione stessa di lavoro. La scuola, ad ogni livello, dalla primaria all’università, ha a mio avviso un ruolo centrale. Ma poi le imprese abbracciando la sostenibilità convintamente e i Governi attivandosi per leggi coerenti con la trasformazione digitale ed ambientale devono fare la loro parte. Una società umanocentrica, sostenibile e resiliente è quella che sapremo costruire tutti insieme. Tocca a noi, a ciascuno di noi e a noi, insieme occuparcene: è nostra comune responsabilità. Soltanto noi, insieme, possiamo decidere del nostro futuro, abbattendo i muri - percettivi, culturali, sociali - che spesso ci impediscono di parlarci davvero. Noi siamo portatori di cambiamento culturale, abbiamo il dovere di esserlo e per questo abbiamo il dovere di crescere ed evolverci su questi valori. Per riprenderci un mondo sano, salubre e pieno di opportunità, un mondo che costruiamo con la nostra persona, la nostra forza, la consapevolezza dobbiamo evitare l’imitazione di un modello virtuale o “social di falsi infuencer” che non ci appartiene e non evolve, ed e’ debole perché fine a se’ stesso, senza prospettiva. Dobbiamo quindi dare significato al vivere ed al nostro capitale umano, al nostro essere portatori di cambiamento con una responsabilità sociale radicata e lungimirante.
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