Sul futuro dell’industria gioca oggi un ruolo preponderante l’innovazione digitale secondo il modello 4.0 che, abilitato dall’impiego di tecnologie innovative e dallo sviluppo delle nuove competenze digitali, si traduce in maggiore efficienza, competitività e interconnessione all’interno della fabbrica e lungo la filiera produttiva. Industria 4.0 non è, quindi, solo automazione: è una trasformazione generale del processo produttivo che comporta una rivisitazione completa del mondo del lavoro.
L’espansione nell’utilizzo di nuovi strumenti interconnessi e dispositivi digitali così come la raccolta, disponibilità e utilizzo di dati nei processi industriali e produttivi sta ponendo importanti sfide ai lavoratori. Le sfide della digitalizzazione sono ancora più importanti in un contesto, come quello italiano, fatto di piccole e medie imprese a basso contenuto tecnologico ed esposte alla competizione internazionale.
La rivoluzione digitale crea e toglie occupazione
Non è possibile prevedere con certezza quale sarà il saldo netto tra la creazione e l'eliminazione di posti di lavoro. Le dieci professioni oggi più richieste dal mercato non esistevano fino a 10 anni fa. Nella grande riallocazione internazionale del lavoro l’occupazione crescerà nei paesi che hanno investito sulle competenze digitali.
In Italia ci sono profondi gap da colmare: solo il 29% della forza lavoro possiede elevate competenze digitali, contro una media UE del 37%. Un divario che rischia di aumentare ulteriormente considerando la bassa partecipazione di lavoratori a corsi di formazione (8,3%) rispetto alla media UE di 10,8% e a benchmark quali Francia 18,8% e Svezia 29,6%.
Le riforme implementate dagli ultimi Governi (dal Piano Scuola Digitale all’Alternanza Scuola Lavoro, dallo Jobs Act fino al Piano Nazionale Industria-Impresa 4.0) hanno messo al centro la modernizzazione del tessuto industriale e del mercato del lavoro e le misure necessarie su ricerca, investimenti, formazione e potenziamento delle conoscenze.
Uno dei problemi, relativamente al mercato del lavoro in Italia, è il disallineamento tra domanda e offerta particolarmente accentuato per i giovani appena usciti dai percorsi formativi: il paradosso è che le aziende che si dicono pronte ad assumere fanno fatica spesso a trovare i giusti profili professionali.
Domanda di lavoro che si trasforma, abilità richieste sempre più articolate
Nella nuova impostazione organizzativa trovano maggiore rilievo quelle competenze che sono tipiche di un ambiente di lavoro caratterizzato da complessità e flessibilità: il problem solving, il pensiero critico, la capacità di coinvolgimento di team di lavoro interfunzionali, la capacità di gestire i processi. Per contro, sotto il profilo delle competenze tecnico-professionali, le imprese sono chiamate a sviluppare nei propri collaboratori le conoscenze necessarie a gestire in modo efficace le tecnologie abilitanti per l’adozione dei nuovi modelli produttivi e organizzativi, al fine di sfruttare al meglio le potenzialità offerte dalla “smart manufacturing”.
In quest’ottica, diviene fondamentale sistematizzare la relazione tra processi aziendali, capitale umano e competenze, affinché siano attivati percorsi formativi in linea con le aspettative richieste e non interventi occasionali di breve termine.
Un’altra criticità è quella che riguarda l’allocazione non ottimale delle competenze. In Italia, infatti, anche laddove le competenze ci sono, non sono utilizzate in maniera adeguata. Per superare tali problemi sono necessarie iniziative serie promosse a livello di scuole superiori e di università possibilmente con una cabina di regia di Governo che dia delle direttive di massima.
Anche le Associazioni Industriali possono svolgere il loro ruolo trasmettendo alle imprese questa esigenza, Confindustria con i Digital Innovation Hub sta cercando di andare in questa direzione.
La sensazione è comunque che la necessità impellente generata da questa prima ondata di investimenti in ottica 4.0 sia proprio quella della ricerca di competenze adatte a sviluppare i nuovi progetti e questa esigenza sarà certamente un forte stimolo per le imprese italiane a investire anche sulle proprie risorse oltre che a cercarne di preparate nel sistema scolastico.
Marco Vecchio, Segretario ANIE Automazione